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TheWineBlog.it – articoli sul vino

Il vino dei Blogger – Capitolo 6: Grignolino d’Asti Vigna del Casot 2006

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Grignolino d’Asti Vigna del Casot 2006
Luca Ferraris Vineyard

Dati tecnici
Colore: rosso rubino tenue
Resa per ettaro: 55 q. li
Fermentazione alcolica: in acciaio inox a temperatura controllata
Fermentazione malolattica: in acciaio inox
Affinamento in legno: da ottobre a giugno
Imbottigliamento: marzo
Alcol: 12,5 %

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Suggestioni caucasiche

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Suggestione n°1
Durante il Vinitaly ho assaggiato i vini della cantina georgiana Badagoni. Parli di Caucaso e pensi alle anfore. E invece tutti i vini rossi (a base Saperavi) e bianchi (a base Rkatsiteli) sono vinificati in acciaio e la supervisione tecnica è affidata all’enologo italiano Donato Lanati, fondatore dei laboratori ENOSIS. Dimenticavo. Il vino più convincente per correttezza dei profumi e rotondità del gusto era proposto agli operatori (enoteche ecc.) a 1.80 euro la bottiglia.

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Il vino dei blogger – Capitolo 5: la sintesi

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Dopo alcuni giorni di ritardo, dovuti agli impegni di molti blogger legati al passato Vinitaly, eccoci giunti alla fine di questa tappa.
Pensavo che non ci sarebbe stata storia a favore del Pinot Nero, e invece lo scontro è finito in perfetta parità: 6 a 6!!
Per quanto riguarda i vini Italiani solamente una bottiglia è risultata prodotta fuori dal Triveneto, segno evidente che queste terre sono unanimemente riconosciute come le più adatte alla coltivazione di questi vitigni, desiderosi di climi freschi.

Fiorenzo Sartore (Diario Enotecario) e Roberto Giuliani (Esalazioni Etiliche) hanno scelto senza esitazione il Pinot Nero Sant’Urbano Villa Barthenau di Hofstatter nei millesimi 2001 e 1995 rispettivamente. Pare che il vino sia piaciuto molto e siano volati punteggi vicini a 90/100.

Filippo Ronco invece ha due grandi amori; uno è il Pinot Nero Riserva Mazzon Gottardi 2002 (TigullioVino Weblog), con cui accompagna spesso i momenti più belli…

A Slawka G. Scarso la lunga persistenza retro olfattiva del Pinot Nero Selyet 2003 Laymburg (Nanopausa) ha ispirato un bel haiku, mentre a Joan Gòmez Pallarès l’AD FINES 2001 (De Vinis Cibisque) ha ricordato addirittura un grande Barolo.

Infine Pier Francesco Lisi ha scelto (naturalmente) un biologico Pinot Nero Magone 2003 Lazio IGT (Il Vino Biologico), che nonostante la latitudine e l’annata calda è risultato fresco, gradevole ed equilibrato.

Eccoci ora ai Merlottisti o Merlottiani che dir si voglia.

Alessandro Franceschini ha molto apprezzato il Vignalta Gemola 2003 e 1999 (Esalazioni Etiliche). Conosco anche io il vino in questione e mi trovo assolutamente d’accordo!

Max Cochetti con il suo Merlot del Piave Spezza 2004 Benotte delle Tezze (Wino), Tommaso Farina con il Piave Merlot Barollo 2003 (TommasoFarina.com) e Marco con il COF Merlot Riserva Antico Broilo (Imbottigliato all’origine) hanno invece segnalato alla mia attenzione un terzetto di bottiglie di cui occorre che mi metta in caccia, dato che anche a me il Merlot piace assaissimo. Nel mio caso ho assaggiato lo Schweizer 1994 di Franz Haas.

Il testimone per il capitolo 6 del Vino dei Blogger passa ora a Giampiero alias Aristide, che ha scelto a detta sua il miglior Merlot del Triveneto, ovvero quello prodotto da Angiolino Maule, annata 2003. Io gli credo, e voi?

Luk

Coop parade

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Mettiamo insieme una grande cooperativa, una grande cantina sociale e la Pasqua. Qual’è il risultato? Una bottiglia di Barolo a 9.50 euro. E poi dicono che il vino è sempre più caro! Certo, alcuni prodotti di fascia alta come il Fiano di Avellino possono costare qualcosa di più. Certo, 7.59 euro per il vino della Compagnia delle Vigne non sono pochi, ma ogni tanto qualche follia per le grandi etichette si può fare, no?

Luk

Il vino dei Blogger – capitolo 5: Franz Haas Merlot Schweizer 94

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La mia scelta è capitata su un merlot, un po’ per caso, attirato da una bottiglia curiosa che faceva capolino dallo scaffale di una enoteca, al prezzo non proprio economicissimo di 17 euro.
Si tratta del Merlot Schweizer 1994 di Franz Haas. Tale bottiglia non è stata più prodotta dall’azienda dal 1999 al 2002, mentre è commercializzata attualmente l’annata 2003.
Quando ho chiesto all’enotecaro se la bottiglia (che comincia ad avere i suoi 13 anni sulle spalle) era stata ben conservata, dal momento che spiccava ben ritta in uno scaffale illuminato, mi sono sentito rispondere “Certo! Pensi che qui non abbiamo nemmeno il riscaldamento!”. Insomma, qualche dubbio sulla tenuta del vino lo avevo, anche perché il 1994 è stato tutt’altro che un grande millesimo in Italia; ma si sa, il sud Tirolo è autonomo anche nel clima!
E invece appena versato nel bicchiere quel merlot, da grande sfacciato, raccontava immediatamente e onestamente tutta la sua storia. Il colore si presentava infatti assolutamente integro nel suo rubino scuro ma brillante, senza cedimenti al granata e meno che meno all’aranciato. Al naso qualche nota un po’ pungente, non di alcol dati i soli 13° (solforosa?), che però spariva subito per lasciare il campo ad un frutto maturo ma non cotto, fatto di ciliegia e prugna, e a una leggera speziatura di chiodi di garofano e pepe oramai ben amalgamata.
In bocca si spiegava la natura del vino, giocata essenzialmente su una acidità elevata che, essendo i tannini oramai levigati dal tempo, dominava la scena in modo un po’ eccessivo. Anche la sufficiente persistenza era di natura prettamente “acida”.
Un vino quindi frutto di una annata piccola, che il produttore ha saputo però elaborare al meglio dotando la bottiglia di una tenuta al tempo sorprendente.

Luk

Come pota?

In questa stagione, attirati dalle prime belle giornate, incomincia la tradizionale processione degli appassionati presso i loro produttori del cuore, chi in cerca delle prime bottiglie di bianco appena prodotte, chi del vino sfuso da imbottigliare a casa, chi semplicemente dell’occasione per fare due chiacchiere con un vecchio amico.
Questo è anche il momento ideale per curiosare tra le vigne, che sono ancora prive di chioma e presentano le gemme appena sbocciate. E facile quindi per noi osservare come sono state potate le piante, e trarre immediatamente alcune utili informazioni sul tipo di filosofia produttiva che anima il nostro amico vignaiolo. Se infatti non è garantito che una vigna ben potata produca poi vino eccellente, è invece molto difficile che ciò avvenga nel caso di una vigna potata malamente o secondo un’ottica iper produttiva. Dopo aver letto questo post, quando andrete a comperare le vostre bottiglie in cantina, potrete a dire al produttore: “Non è un po’ troppo lungo il tuo Guyot?”.
Innazitutto contiamo quante gemme porta ciascuna pianta; quindi stimiamo a occhio qual’è la distanza tra i filari e tra le piante di ciascun filare nella vigna. Fatto? OK! Supponiamo che tali distanze siano (circa) 2m e 1m. Moltiplichiamo 2 per 1 e otteniamo (ovviamente) 2. Dividendo 10000 per 2 otteniamo 5000 che è il numero di piante per ettaro della vigna sotto “inchiesta”. Entriamo ora un po’ più in dettaglio nella potatura.

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Esperienze

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Alla fine mi sono immolato e l’ho fatto: ho assaggiato UN VINO TRUCIOLATO! L’ho fatto all’incontro dell’ONAV di Imperia di cui avevo parlato qui e intitolato:

“Il mondo del vino si trasforma” – Tecnologie innovative in vinificazione. Degustazione guidata di vini elaborati con macerazione prefermentativa a freddo e utilizzo dei “chips”. Enologo Mario Redoglia.

Il bravo Redoglia ha parlato in verità a lungo dell’Arneis e della Barbera millesimo 2006 della azienda agricola Pescaja prodotti con macerazione a freddo ed uso di CO2 gassosa per allontanare l’ossigeno e ridurre ai minimi termini l’impiego di SO2 (parliamo di 60 mg/l di SO2 totale per l’Arneis, con l’obbiettivo di ridurla a 50 mg/l il prossimo anno), e dai profumi molto piacevoli anche se forse da una parte atipici per la tipologia dei vitigni, e dall’altra un po’ omologati in quanto simili (soprattutto l’Arneis) a tanti vini prodotti con tecniche simili).

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