Il vino affinato in terracotta ha un senso? Era da un po’ di tempo che volevo parlare di questo argomento.  Ci ho pensato a lungo, così tanto che non solo mi sono convinto di sì, ma sono anche andato molto più in là costruendoci attorno un vero e proprio progetto. Riguardo a questo però concedetemi ancora un po’ di tempo (non molto davvero) prima di svelare bene ogni dettaglio.
La questione non è per nulla semplice. Se avete la possibilità di leggere il numero 3/2013 del periodico Millevigne, troverete un mio contributo riguardo al vino nella terracotta e scoprirete che il nocciolo della questione è se consentire o meno il passaggio di ossigeno attraverso la struttura porosa del materiale. Alcuni fra coloro che vinificano in terracotta cercano volutamente questa forma di (non tanto micro) ossigenazione; altri invece ricorrono a vari sistemi per evitare il contatto vino-ossigeno attraverso diverse forme di impermeabilizzazione della terracotta.
La tenuta Rubbia al Colle, che è stata così gentile da inviarmi una bottiglia del suo Barricoccio, appartiene al secondo tipo di produttori. Il Barricoccio 2010 degustato è infatti un sangiovese affinato per ben 18 mesi in barrique di terracotta con superficie impermeabile, in modo che non ci sia nessuno scambio vino/ossigeno (e conseguentemente minore recessità di solforosa) e nessuna cessione di tannini dal legno.
Come termine di paragone mi è stata anche inviata una bottiglia di Vigna Usilio 2007, sangiovese anch’esso ma affinato per 24 mesi in barrique e botti di rovere.  Onestamente non ho capito completamente questa scelta perché al netto delle diverse forme di affinamento, tre anni di differenza nell’annata di produzione mi sembrano davvero tanti per potere effettuare un paragone significativo.
I vini assaggiati sono risultati effettivamente molto, molto diversi anche se per fortuna la “leggibilità ” del Sangiovese è rimasta ben delineata in entrambi.  Il Vigna Usilio si è rivelato un fuoriclasse, “Maroniano” ma con eleganza e levità , persistente, vellutato nei tannini, ricco di frutti rossi, viola e spezie assortite. Ancora un filo di legno al retronasale che potrà essere integrato nella sua probabilmente ancora lunga vita.
Dopo un assaggio del genere cosa dire del Barricoccio? Partiamo dai difetti, anzi dall’unica pecca che secondo me ha il vino in questione ovvero una persistenza abbastanza flebile; insomma in bocca il vino muore un po’ presto dopo la deglutizione.  Naturalmente questo vale per confronto con il fratellone  Vigna Usilio, per cui non mi pare  una cosa così grave. Percontro rispetto a quest’ultimo ho riscontrato un naso meno ricco ma più dinamico e cangiante, con frutti rossi inizialmente, sentori più cupi e terrosi dopo una leggera ossigenazione e infine una bella apertura floreale. L’acidità è risultata vibrante ma non fastidiosa e i tannini ancora scalpitanti ma non particolarmente astringenti.
Ci si potrebbe domandare se questo vino possa essere assimilato in tutto e per tutto a un altro affinato per pari tempo in cemento, ma non credo di avere una risposta, almeno fino a quando Michela Muratori non mi darà la possibilità di verificarlo!!
Possibile che non ci sia un’altro impasto di terra più idoneo al vino, che non lo altera? 😉
Mah, speriamo di sì!!
😀