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Credo che la figura qui sopra spieghi qualche cosa riguardo al “peccato†originale dell’enologia italiana, nonché riguardo alle ultime tristi vicende legate allo scandalo noto come “Brunellopoliâ€.
Sono infatti rappresentati i “profili antocianici†di vari vini ottenuti da vitigni coltivati in Italia, ovvero il contenuto percentuale dei 5 antociani responsabili del colore del vino rosso, e delle loro forme esterificate (altri). Fra i suddetti antociani la Malvina dà colorazioni intense tendenti al blu ed è ritenuta da sempre la molecola più stabile e resistente all’ossidazione. Al contrario la Peonina tende maggiormente al rosso, e si ossida più facilmente verso tonalità granata e mattone. Vi dice qualche cosa?
Esatto! Per qualche curioso scherzo del destino cinico e baro i più famosi vini italiani da invecchiamento (Barolo, Brunello, Chianti) sono relativamente poveri di Malvina e ricchi di Peonina. Siccome purtroppo il vino prima di essere bevuto “si vedeâ€, da sempre si è cercato di correggere questi presunti difetti di colore di nebbiolo e sangiovese, dapprima con abbondanti iniezioni di vini provenienti dal sud Italia (pratica che pare continui anche ora), che come si vede sono ricchissimi di sostanze colorate, poi molto più semplicemente piantando merlot e cabernet, che hanno il vantaggio di maturare più facilmente di sangiovese e nebbiolo. In realtà questa è stata una scorciatoia, perché se fossero state disponibili una volta le attuali tecniche analitiche ma soprattutto agronomiche, forse si sarebbe puntato su vitigni autoctoni come il ciliegiolo o la massaretta, che hanno almeno sulla carta un profilo antocianico non dissimile da merlot e cabernet rispettivamente.
Il fatto è che oggi, siccome il disciplinare di Barolo e Brunello prevedono l’uso di nebbiolo e sangiovese in purezza, la lotta per aumentarne il colore è combattuta con ogni mezzo lecito e non, con tannini, enzimi e barrique o, pare, direttamente con merlot e cabernet, mentre invece bisogna rendersi conto che è una partita persa in partenza. O si rinuncia al monovitigno, o si rinuncia al colore impenetrabile e stabile nel tempo. Non c’è una via di mezzo per ottenere un vino non sopraffatto nella sua natura più intima.
Luk
E a quelli come me invece che adorano quei colori mattone ? Cosa resterà ? Ciao, Fil.
Sei antico, Filippo!
Luk
ehhh quanti problemi… pensate a quando avremo dei bei cloni OGM che sintetizzeranno il doppio di malvina… 😉
Ciao
Mirco
Vade Retro, Santana!
(Cit. Giorgio Faletti)
🙂
Luk
dove hai trovato il grafico galeotto?
Il grafico non l’ho trovato; l’ho fatto partendo da varie fonti in rete che riportavano la composizione antocianica di diversi vitigni.
Luk