Diavolo di un Maiale . Ecchè, si fa così? Mettere a nudo un’emozione, scoprire il proprio cuore è una cosa che richiede circospezione, confidenza, intimità . E invece…oplà ! Via, a raccontare la propria anima. No, non si fa così. Ma in questo giochetto sado-maso che è il Vino dei Blogger chi ha il pallino detta le regole. E allora sia, facciamoci del male!
Amarone. Un nome un destino. Un vino con questo nome non poteva non avere successo. E’ come dire “tettoneâ€, insomma, già ti viene voglia. Vini nobilissimi, vermentini, pignoletti, schioppettini, bardolini, dolcetti, verdicchi e compagnia bella di diminutivi-vezzeggiativi vari possono pure scordarsi la gloria riservata a chi si chiama AMARONE!
In casa mia i vini erano disposti in dispensa secondo una rigida gerarchia piramidale. Al piano basso dello scaffale i bottiglioni anonimi con il vino di tutti i giorni, fornito settimanalmente in piccole damigiane dalla premiata ditta Fratelli Orsi di qualche parte nel Monferrato. Sul secondo ripiano c’era il vino “imbottigliatoâ€, fornito sempre dai Fratelli Orsi ma una volta all’anno in grosse damigiane e messo in bottiglia da mio padre ad Aprile. Barbera, Dolcetto, Dolcetto Rosé e Cigliegiolo erano scritti con bella calligrafia sulle etichette adesive delle bottiglie conservate di anno in anno con il cappuccetto di carta, fino al giorno fatidico dell’imbottigliamento, vero e proprio rito, temuto ma aspettato con ansia! Al terzo ripiano c’erano i vini delle occasioni un po’ speciali, roba pregiata tipo barbera e nebbiolo di ditte importanti quali Giordano e Fontanafredda. Naturalmente salendo verso l’alto la numerosità delle bottiglie diminuiva in proporzione alla preziosità del contenuto. Nell’ultimo ripiano infatti c’erano pochissime bottiglie scelte, perlopiù sempre Giordano o Fontanafredda, ma Barolo! si trattava delle bottiglie da stappare solo nelle grandi occasioni. Tra di esse ce n’era una che per me era quasi mitica, lassù, appena sotto il soffitto. Sopra la bottiglia c’era scritto a mano su un’etichetta grigia “AMARONEâ€, e quello per me era puro tabù e fascino allo stato primordiale. L’avevo sistemata io stesso in quel posto e avevo progettato di aprirla solo se avessi vinto al totocalcio o quando mi fossi laureato.
Un bel giorno (avrò avuto 16 anni) lo zio che ci aveva regalato quella bottiglia venne a pranzo da noi in occasione di qualche festa comandata. Alla fine del pranzo dopo il dolce e la frutta, mio papà se ne uscì fuori rivolto allo zio con qualche cosa del tipo “Vorresti assaggiare quella bottiglia di Amarone che ci regalasti l’anno passato?†ed il mio cuore trasalì. Il tabù era stato violato. Un conato di incredulità e di rabbia mi fece trasalire e venne fuori. “Cosa ti salta in mente papà , non è assolutamente possibile aprire QUELLA bottiglia! A fine pasto poi!â€
Insomma, per farla breve la bottiglia fu aperta ma a causa della pessima figura da me prodotta rimase sul gozzo a tutti. E fu anche una grossa delusione il contenuto, acetoso, ammarsalato e dolciastro. Chissà che roba era; ma non ha molta importanza. Da allora quando mi sento molto stupido mi sento esattamente allo stesso modo, e quando penso a mio padre, penso anche a questo piccolo dispiacere che immagino di avergli dato, senza potergli chiedere più scusa.
Luk
Che amarezza. Anzi, che amarore.
Checcevoffà , stavolta mi ha preso così!
Luk
amarone, amarone…. Splendido racconto…Ciao,Luk.
M.Grazia
Perdonaci Luca, ci hai aperto il cuore e te ne siamo grati, ma non era nostra intenzione crearti disagio…
Siamo contenti che tu abbia condiviso con noi questo tuo intimo e prezioso ricordo; grazie per aver pertecipato a questo Vino dei Blogger numero nove.
G.
Ciao,
se credi nei refusi Freudiani, il tuo post che parla di un vino “nobilissimo” come l’amarone, si intitola “amarore” ..
Buffo, perche’ “amarore” e’ una nota malattia del vino:
http://www.amordivino.net/enologia/contenuti.asp?ID=45
AMARORE (BATTERI LATTICI ANAEROBI)
Si manifesta quando i batteri lattici attaccano la glicerina e si formano sostanze amare. Il colore è giallastro o aranciato, il sapore amaro.
Ciao Cesare,
diciamo che il refuso era voluto, proprio per comunicare il gusto di quel ricordo.
Luk