Non credevo che lo avrei mai fatto, ed invece oggi ho varcato la soglia del centro sociale Buridda per partecipare alla manifestazione Critical Wine, fortemente voluta da Luigi Veronelli per “difendere i piccoli produttori agricoli dallo strapotere delle multinazionali agro-alimentari”.
Non c’è nulla che mi lega all’ideologia ed alla retorica di questi ragazzi (qualcuno nemmeno tanto..) ma bisogna riconoscere loro il merito di aver costruito un evento non solo “alternativo”, ma anche abbastanza qualitativo.
Cosa è rimasto dalla visita effettuata? Sicuramente i vermentini di Cascina Praié, la cui titolare mi ha svelato un piccolo segreto. L’idea di affinare il cru Le Cicale in botti di acacia è venuta dopo un viaggio in Ungheria del marito, che ha scoperto che tale essenza è lì impiegata per l’ivecchiamento del mitico Tokaj, prodotto in prevalenza con il vitigno Furmint, parente strettissimo (quasi gemello…) del vermentino.
Interessanti mi sono sembrati anche i Valpolicella e gli Amaroni delle due aziende agricole Aldrighetti, nonché il barolo Bricco Luciani di Cascina del Monastero e gli uvaggi a base di Brachetto della Cascina Sant’Ubaldo. Naturalmente tutti i vini avevano come elemento distintivo anche una certa accessibilità economica (mica prezzi Lidl però, chiariamo), cosa molto gradita in tempi di austerità quali quelli attuali.
Dopo i Vini dei Vignaioli, I Vini Veri, I Vini AAA, tocca ora ai Vini Critici farsi largo con le loro proposte biologiche e biodinamiche, con qualche sfumatura anti-imperialista molto di tendenza. Si tratta di una inflazione di proposte alternative? Forse, ma non guasta affatto, almeno fino a quando un naso ed una lingua ci permetteranno di distinguere chi realizza vini eccellenti da chi segue furbescamente quella che sembra essere un po’ la moda del momento.
Luk