Ho bevuto la bottiglia qui rappresentata. Emanuele Trevia è uno di migliori interpreti del vermentino e questo vino, rigorosamente da tavola, penso che rifletta completamente il suo modo di sentire. La sua idea di vino, nel caso non risultasse chiara all’assaggio, è spiegata nella retroetichetta.
Non voglio scrivere note di degustazione. Chiunque può acquistare la bottiglia, berla, confrontarla con il vermentino DOC dello stesso produttore e decidere cosa preferisce.
In me è sorta spontanea questa considerazione: in questo momento in cui i vini naturali, biodinamici e biologici sono di gran moda, in cui sembra delinearsi una consistente fetta di consumatori contrari senza se e senza ma ad ogni manipolazione enologica, verranno prima o poi selezionati lieviti in grado di lasciare quell’ombra di pollaio, quell’idea appena accennata di spunto, enzimi capaci di riprodurre senzazioni un po’ amare? Insomma qualcuno starà già sperimentando un’enologia dell’imperfezione (naturalmente perfettamente riproducibile) capace di trasformare il tavernello nel vino del nonno?
Luk
“Enologia dell’imperfezione” e’ bellissimo, come termine.. bella domanda, Luk, chissa’ se qualche enologo di Antinori passa di qui.
…Nel caso pretenderò il Copy!
Colgo l’occasione del tuo commento per precisare che termini quali pollaio, spunto e amaro non si riferiscono al vermentino in oggetto.
Luk